La fondazione della chiesa di San Giovanni Battista risale all’anno 1181, per opera di Bardone dei conti Fieschi, arciprete di Lavagna, dell’Ordine Benedettino, il quale, ottenuto da un suo cugino dei conti Ravaschieri un orto con una casa vicino alla strada del Castello, vi fece edificare una cappella terminata nel 1182.
Questa occupava uno spazio quadrato di 25 palmi (1 palmo genovese = 24,78 cm) circa 6m. x 6m., ed era volta verso la collina, con l’attuale porta verso via Ravaschieri. Comprendeva tre altari, dedicati rispettivamente a San Giovanni Battista, a San Bartolomeo Apostolo e a Sant’Andrea Apostolo.
Nel 1311 fu nominata parrocchia alle dipendenze della Pieve di Lavagna fino al 1600.
Nel 1400, la chiesa era insufficiente e bisognosa di restauri, pertanto nel 1462 si affidò la rifabbrica della chiesa al maestro Bernardo Giovanni di Luma da Como che terminò i lavori nel 1468.
Il nuovo tempio era a tre navate, col coro di forma quadrata e con torre a piramide, comprendeva 15 altari e in testa alle due navate laterali vi erano due cappelle voltate a crociera, quella a sinistra dedicata a N.S. della Misericordia e quella a destra dedicata a San Bartolomeo; questa fu chiusa nel 1557 dovendosi consolidare la struttura per l’innalzamento della torre sovrastante.
Già nel 1501 la chiesa, appena ricostruita, aveva bisogno di continui restauri; si presentò la necessità, l’occasione e il desiderio di rifabbricare la chiesa.
Il 12 ottobre 1623, in seguito alla disponibilità di un legato di lire 2000, il Priore e il Maggior Consiglio deliberarono la demolizione e la riedificazione della chiesa della stessa grandezza e lunghezza.
Il 5 luglio 1624 si posò la prima pietra e gli architetti genovesi Andrea Vannone e Bartolomeo Rossi portarono a compimento la fabbrica donando alla città uno dei suoi più belli ed armonici monumenti sacri.
Fu costruita a tre navate, con cupola e con quattro colonne marmoree che sorreggono le arcate minori; il coro venne fatto semicircolare e lungo le pareti si collocarono otto altari.
Nel 1626, Achille e Prospero Costaguta Giuspatroni del presbiterio e coro, affidarono il lavoro della cappella maggiore per lire 8200 a Bartolomeo Bianchi che vi innalzò l’altare con cancellata marmorea e con lo stemma dei patroni sull’arco. Il 2 marzo del 1631 si consacrò il nuovo tempio. Gli altari minori eseguiti in marmo negli anni successivi alla consacrazione sono quelli visibili oggi sebbene non tutti nello stesso posto che occupavano anticamente.
Il 3 maggio 1641 il SS. Crocifisso fu trasferito dall’antico Oratorio dell’Annunziata, detto "dell’arena" o "della marina" e collocato nella cappella di testa della navata destra (ex San Bartolomeo); da quella data la chiesa ne divenne Santuario. Il SS. Crocifisso già venerato dal 1200, secondo antichi storici, fu risparmiato da un incendio che lo avrebbe annerito: di qui la qualifica coloristica, sebbene da recenti restauri siano emersi ragionevoli dubbi stilistici che lo farebbero risalire alla prima metà del ‘400. In seguito alla sopraelevazione del campanile, venne chiusa la cappella di destra e, per ragioni di simmetria, anche l’altra cappella di N.S. della Misericordia e si addossarono gli altari ai nuovi muri.
Nel 1728 l’altare maggiore venne sostituito con l’attuale di Francesco Schiaffino e vi si collocò l’artistico Crocifisso del Maragliano.
Don Antonio Maria Gianelli a 37 anni nel 1826 diventò parroco e Vicario generale svolgendo un apostolato di santità fra le giovinette, come fra le signore del popolo e della nobiltà. Fondò l’Istituto delle Figlie della Madonna dell’Orto, ossia le Gianelline; fece molte altre opere fra cui un’organizzazione per la formazione cristiana per ragazzi e un’altra per le ragazze.
Nel 1835 il 20 agosto incombe sulla Liguria e sulla città la minaccia della peste, l’arciprete Gianelli predica insistentemente per incitare il popolo alla penitenza, persino le autorità comunali fanno voto alla Madonna per dare forma decorosa alla facciata del tempio di N.S. dell’Orto; il 25 agosto 1835, durante la grande processione di penitenza, l’arciprete Gianelli, a piedi nudi, con una corda al collo e una corona di spine sul capo parlò brevemente e si offerse vittima di espiazione a Dio a salvezza del suo popolo. D’improvviso "uno stormo di rondini si librò nell’aria e, strillando e volteggiando in sempre più vasti giri sull’augusto Simulacro" del Crocifisso, levò alto il volo e disparve. L’uomo di Dio allora si voltò al suo popolo, disse: "La Grazia è fatta!" e Chiavari fu preservata dalla peste.
In seguito si fecero opere di abbellimento quale segno di riconoscenza e devozione tra cui nel 1847 nella cappella del SS. Crocifisso decorazioni e dorature e analogamente nel 1853 si fece per la cappella della Madonna del Rosario. Nel 1859 il Pianello dipinse la cupola e nel 1865 eseguì i tre quadri nella volta della navata centrale e Castagnino fece le dorature della stessa navata e delle cappelle maggiori; nel 1888 Davide Beghè dipinse la volta della cappella di S. Pietro e nel 1889 la cappella dell’Assunta, seguirono G. Scherrer nella cappella di S. Antonio Maria Gianelli e Angelo Barchi nella cappella della Madonna degli Angeli. Nel 1900 Luigi Brizzolara scolpì Isaia e Malachia per la cappella del Crocifisso; nel 1930 il Bevilacqua istoriò tre vetrate del coro.
Nel 1935 fu inaugurata la nuova facciata su disegno dell’architetto milanese Gaetano Moretti.